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I ratti rivelano informazioni sulle risposte alla paura e all'ansia

La ricerca sul comportamento dei ratti ci aiuta a capire i meccanismi di paura e ansia.

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I ricercatori spesso studiano come gli animali reagiscono a potenziali pericoli per capire meglio la mente umana. Un metodo comune usato con i ratti è il Condizionamento Pavloviano, che aiuta gli scienziati a capire come gli animali associano certi segnali alla paura. Questa ricerca fornisce spunti su come apprendiamo le minacce e le ricordiamo.

L'importanza dell'iper-vigilanza

L'iper-vigilanza è un termine usato per descrivere una consapevolezza elevata delle minacce potenziali. Si vede spesso nelle persone con disturbi d'ansia. Mentre alcuni evitano situazioni che li rendono ansiosi, altri possono essere iper-consapevoli senza effettivamente evitare nulla. Questo stato di iper-vigilanza può portare a reazioni più forti ai segnali di minaccia. Ad esempio, in alcuni studi, quando i ratti venivano esposti a rumori forti o scosse improvvise, mostrano reazioni più elevate rispetto al loro comportamento normale.

Testare le risposte dei ratti

Per studiare questi comportamenti, i ricercatori misurano come i ratti rispondono a suoni o segnali specifici. In un ambiente controllato, ai ratti viene fatto ascoltare un tono che segnala una scossa. La reazione dei ratti può rivelare molto su come elaborano paura e ansia.

I ratti possono anche mostrare variabilità nelle loro risposte. Alcuni possono reagire in modo forte, altri meno. I ricercatori credono che questa variabilità potrebbe non dipendere solo dagli attuali livelli di stress, ma anche da tratti ereditari.

Gli esperimenti di condizionamento aversivo permettono agli scienziati di vedere quanto velocemente e efficacemente i ratti possano "disimparare" le risposte di paura. Per esempio, se i ratti ricevono una scossa dopo aver sentito un tono, alla fine impareranno ad associare il tono alla scossa e si congeleranno quando lo sentono. I ricercatori possono anche testare se metodi di allenamento diversi possano aiutare i ratti a disimparare quelle associazioni.

Il ruolo dei farmaci

Gli scienziati esaminano farmaci che potrebbero influenzare come funzionano queste risposte di paura. Un focus è su un tipo di recettore nel cervello chiamato recettori NMDA, che sono essenziali per l'apprendimento e la memoria. Alcuni co-agonisti, come un farmaco chiamato D-cicloserina, possono potenziare l'effetto di questi recettori e sono stati trovati utili per disimparare la paura nei ratti.

Tuttavia, tradurre questi risultati negli esseri umani ha mostrato risultati misti. Anche se i ricercatori speravano che questi farmaci potessero aiutare le persone con fobie o PTSD, i risultati non sono sempre stati quelli sperati.

Ipotesi su attenzione e risposta

Questo studio ha proposto che quando i ratti sono esposti a un segnale meno intenso, le loro risposte potrebbero correlarsi al modo in cui stanno monitorando le minacce, simile all'iper-vigilanza negli esseri umani. I ricercatori credevano che una minaccia meno diretta attivasse parti diverse del cervello, in particolare quelle legate all'ansia piuttosto che alla paura.

Ad esempio, studi suggeriscono che minacce più ambigue incoraggiano l'attività in un'area del cervello nota come nucleo bed dell'area striata terminale (BNST), mentre minacce chiare e attese attivano l'amigdala. La differenza nelle risposte cerebrali potrebbe riflettere meccanismi unici di elaborazione della paura e dell'ansia.

I ricercatori hanno anche ipotizzato che migliorare un co-agonista specifico nei ratti potrebbe aiutare a migliorare il processo di disimparare le risposte di paura. Volevano vedere se aumentare la disponibilità di glicina, un altro co-agonista, potesse fare una differenza significativa su quanto bene i ratti potevano estinguere le loro risposte di paura.

Impostazione dell'esperimento

In questi esperimenti, sono stati usati un totale di 136 ratti maschi. Sono stati tenuti in gruppi e seguivano un ciclo di luce e buio specifico. Per il test, i ratti hanno partecipato a diverse sessioni di allenamento dove sentivano un tono associato a una scossa leggera e il loro comportamento di congelamento veniva registrato.

I ratti sono stati sottoposti a vari test, come navigare in un labirinto elevato progettato per misurare comportamenti simili all'ansia. L'obiettivo era vedere quanto tempo trascorrevano nelle braccia aperte rispetto a quelle chiuse del labirinto.

Durante le sessioni di allenamento, i ratti ascoltavano un suono specifico seguito da una scossa leggera, creando un'associazione appresa. I ricercatori hanno registrato per quanto tempo i ratti si congelavano in risposta al suono in più sessioni di allenamento.

Vocalizzazioni e comportamento

Un altro aspetto interessante erano le vocalizzazioni dei ratti. I ricercatori volevano vedere se la produzione di chiamate specifiche indicava uno stato di allerta o ansia elevata. I ratti che vocalizzavano durante l'allenamento mostrano diversi livelli di comportamento di congelamento rispetto a quelli che non lo facevano.

Le vocalizzazioni sono state analizzate per determinare se un aumento nelle chiamate di allerta corrispondesse a reazioni più forti ai segnali di minaccia più avanti negli esperimenti. La vocalizzazione osservata durante l'allenamento prevedeva risposte più elevate durante i test di riacquisizione quando venivano presentati di nuovo segnali simili.

L'impatto del trattamento farmacologico

I ricercatori hanno anche esaminato gli effetti di due farmaci, D-cicloserina e Bitopertin, sul processo di estinzione della paura. Hanno somministrato questi farmaci per vedere se potessero influenzare positivamente la capacità dei ratti di disimparare le loro risposte di paura.

La D-cicloserina era attesa potenziare l'estinzione delle risposte di paura basata su studi precedenti, mentre il Bitopertin mirava ad aumentare i livelli di glicina, che potrebbero influenzare i recettori NMDA legati all'apprendimento e alla memoria.

Sebbene il Bitopertin abbia mostrato qualche promessa nell'aumentare la persistenza delle risposte di estinzione in test successivi, la D-cicloserina non ha prodotto i miglioramenti attesi nel comportamento. Questo ha evidenziato le complessità degli interventi farmacologici nella modifica delle risposte di paura.

Conclusioni sul comportamento dei ratti

Lo studio ha scoperto che abbassare l'intensità di un segnale sonoro non significava necessariamente che i ratti reagissero meno. Se mai, ha rivelato come potessero comunque rispondere in modo forte, suggerendo che il modo in cui percepiscono le minacce potrebbe variare in base al contesto.

I risultati hanno anche indicato che l'iper-vigilanza, vista come un bias nella rilevazione delle minacce, è fondamentale per capire come gli animali elaborano la paura. Le connessioni tra diverse aree del cervello, il ruolo dei farmaci e i comportamenti mostrati dai ratti forniscono spunti vitali su come l'ansia possa manifestarsi sia negli animali che negli esseri umani.

Direzioni future

Questa ricerca getta luce sul comportamento animale e su come si relaziona all'ansia umana. Futuri studi potrebbero approfondire la nostra comprensione di come vengono percepite le diverse minacce e come vari metodi possano cambiare le risposte di paura. Le discussioni su questi risultati potrebbero anche portare a trattamenti più efficaci per i disturbi legati all'ansia, prendendo spunto dalla ricerca sugli animali per potenziali applicazioni umane.

In sintesi, studiare come i ratti rispondono alle minacce quando sono di fronte a segnali auditivi può fornire spunti preziosi sia sul comportamento animale che su quello umano riguardo all'ansia e all'apprendimento. Comprendere questi meccanismi può aiutare a sviluppare strategie più efficaci per trattare i disturbi d'ansia e condizioni correlate.

Fonte originale

Titolo: Influence of aversive cue detection sensitivity on extinction in adult male rats

Estratto: Threat detection prompts reactions classified either as fear (obvious, predictable, immediate threat) or anxiety (ambiguous, sustained, distant threat). Hypervigilance is a state of sensitivity to threatening stimuli and an attentional bias symptomatic of anxiety disorders. In rodents, threat detection can be measured by freezing behaviour and production of ultrasonic vocalisation (USV) alarm calls. The amygdala is classically associated with fear-like responses, whereas the bed nucleus of the stria terminalis (BNST) has been proposed to be preferentially recruited by anxiogenic stimuli. The conditioned responses triggered by aversive cues can be extinguished through repeated exposure of a subject to the threat stimulus but without any aversive reinforcement. The extent of extinction acquisition and consolidation are notedly variable across individuals. It has been reported that NMDA-type glutamate receptor co-agonists, like D-cycloserine, can enhance extinction consolidation. In the experiments herein, the salience of a threat cue was modified to compare the relative activation of the brain vigilance networks to an obvious cue, and to test whether sensitivity to the aversive cue at such a vigilance screen might predict subsequent ability to extinguish conditioned responses. We demonstrated activation of the BNST by a low salience aversive cue. Rats that had the propensity to make alarm ultrasonic vocalisation calls reacted more strongly to aversive cues and had deficits in conditioned freezing extinction. Finally, we demonstrated the potential to enhance extinction consolidation by targeting glycine transmission. Taken together these results demonstrate how threat detection and responses are sensitive to cue salience and can be manipulated by combined pharmacological and behavioural interventions. HIGHLIGHTS-Auditory cue at low salience revealed attentional bias unrelated to maze behaviour -Low salience cue recruited activation of the BNST -Alarm call vocaliser rats had deficit in extinction consolidation -GlyT1 inhibition enhanced extinction consolidation

Autori: Emma N Cahill, E. R. Sherman, J. Jollans, S. Deiana, B. Hengerer

Ultimo aggiornamento: 2024-05-01 00:00:00

Lingua: English

URL di origine: https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2024.04.30.591853

Fonte PDF: https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2024.04.30.591853.full.pdf

Licenza: https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/

Modifiche: Questa sintesi è stata creata con l'assistenza di AI e potrebbe presentare delle imprecisioni. Per informazioni accurate, consultare i documenti originali collegati qui.

Si ringrazia biorxiv per l'utilizzo della sua interoperabilità ad accesso aperto.

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