Impatto degli autoanticorpi sulla risposta immunitaria degli anziani
L'invecchiamento aumenta il rischio di anticorpi autoimmuni dannosi che colpiscono la funzione immunitaria.
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Indice
- Comprendere gli Autoanticorpi
- Il Problema Crescente Tra gli Anziani
- Fattori Genetici
- Indagando lo Studio della Coorte Svizzera sull'HIV
- Identificare i Livelli di Autoanticorpi
- Autoanticorpi Neutralizzanti
- Longevità degli Autoanticorpi
- Risultati dello Studio sullo Sviluppo degli Autoanticorpi
- Esplorare le Condizioni Preesistenti
- L'Impatto di Altre Infezioni
- Fattori Genetici e Ambientali
- Risultati sulla Salute Immunitaria Complessiva
- Conseguenze dello Sviluppo degli Autoanticorpi
- Autoimmunità e Autoanticorpi Anti-IFN-I
- Studi di Caso
- Resistenza al Trattamento
- La Necessità di una Diagnosi Precoce
- Implicazioni Più Ampie
- Conclusione
- Fonte originale
- Link di riferimento
Con l'età, il sistema immunitario delle persone può cambiare in modi che le rendono più vulnerabili alle infezioni, soprattutto quelle virali. Un elemento chiave della risposta immunitaria coinvolge delle proteine chiamate interferoni, in particolare gli interferoni di tipo I (IFN-I), che aiutano il corpo a combattere i virus. Tuttavia, alcune persone anziane sviluppano Autoanticorpi che attaccano questi interferoni. Questi autoanticorpi possono interferire con la risposta immunitaria e aumentare il rischio di infezioni gravi.
Comprendere gli Autoanticorpi
Gli autoanticorpi sono anticorpi che mirano e reagiscono erroneamente con le proteine del corpo di una persona. In questo caso, ci concentriamo sugli autoanticorpi contro gli IFN-I, le proteine che aiutano a controllare le infezioni virali. Sebbene le mutazioni genetiche che causano questi autoanticorpi siano rare e si presentino spesso nei bambini piccoli, si riconosce che un difetto funzionale legato ad anticorpi che prendono di mira gli IFN-I è più comune negli anziani.
Il Problema Crescente Tra gli Anziani
Le ricerche hanno dimostrato che la prevalenza di autoanticorpi contro gli IFN-I aumenta significativamente con l'età. Per le persone oltre i 70 anni, l'incidenza è molto più alta rispetto agli adulti più giovani. La presenza di questi autoanticorpi è stata associata a un maggiore rischio di infezioni gravi causate da vari virus, incluso il COVID-19.
Fattori Genetici
Alcuni difetti genetici sono stati collegati allo sviluppo di autoanticorpi anti-IFN-I. Questi difetti influenzano spesso la tolleranza delle cellule T, che è la capacità del corpo di distinguere tra le proprie proteine e quelle straniere. Le mutazioni in specifici geni possono portare a un fallimento nell'eliminazione delle cellule T autoreattive, consentendo loro di produrre autoanticorpi dannosi.
Indagando lo Studio della Coorte Svizzera sull'HIV
Per capire meglio il ruolo di questi autoanticorpi, i ricercatori hanno esaminato lo Studio della Coorte Svizzera sull'HIV (SHCS), che ha raccolto dati estesi su persone affette da HIV dal 1988. Questa coorte fornisce campioni e informazioni preziose nel corso degli anni, consentendo ai ricercatori di studiare lo sviluppo di questi autoanticorpi.
Identificare i Livelli di Autoanticorpi
I ricercatori si sono concentrati su individui di oltre 65 anni che erano ben trattati per l'HIV. Hanno analizzato campioni di plasma per cercare autoanticorpi contro tre tipi di IFN-I: IFNα, IFNβ e IFNω. I risultati hanno rivelato che una piccola percentuale di anziani presentava autoanticorpi neutralizzanti contro queste proteine.
Autoanticorpi Neutralizzanti
Tra gli individui testati, una certa percentuale aveva autoanticorpi in grado di neutralizzare l'attività degli IFN-I. Ciò significa che i loro sistemi immunitari erano meno capaci di rispondere alle infezioni virali, rendendoli più suscettibili a gravi esiti patologici. I ricercatori hanno notato variazioni tra i pazienti, con alcuni che sviluppavano autoanticorpi per un tipo di interferone mentre altri ne avevano per più tipi.
Longevità degli Autoanticorpi
Una volta sviluppati, questi autoanticorpi sembravano persistere nei sistemi degli individui per anni. Questo suggerisce che l'impatto immunitario non è solo un problema temporaneo, ma potenzialmente una sfida per tutta la vita, contribuendo alla vulnerabilità continua alle infezioni virali.
Risultati dello Studio sullo Sviluppo degli Autoanticorpi
Attraverso un'analisi dettagliata dei campioni longitudinali, è stato osservato che la maggior parte degli individui sviluppava questi autoanticorpi solo in età avanzata, generalmente intorno ai 60-65 anni. Questo contrasta con gli individui più giovani che potrebbero avere condizioni genetiche che portano a un insorgenza precoce degli autoanticorpi.
Esplorare le Condizioni Preesistenti
Le condizioni di salute precedenti e i problemi autoimmuni potrebbero giocare un ruolo nello sviluppo di autoanticorpi anti-IFN-I. I ricercatori hanno misurato vari indicatori di salute, comprese le infezioni passate, per vedere se fossero correlati alla presenza di autoanticorpi. Condizioni come l'infezione da citomegalovirus (CMV) e l'herpes zoster (fuoco di Sant'Antonio) sembravano avere un'influenza.
L'Impatto di Altre Infezioni
È interessante notare che una storia di infezioni, in particolare quelle che stimolano una forte risposta immunitaria, è stata notata come potenzialmente in grado di innescare la produzione di autoanticorpi. Alcuni individui hanno avuto gravi infezioni respiratorie che potrebbero aver contribuito ai loro sistemi immunitari nella produzione di autoanticorpi contro i propri interferoni.
Fattori Genetici e Ambientali
Sia le predisposizioni genetiche che i fattori ambientali sono stati considerati per capire l'aumento degli autoanticorpi negli adulti più anziani. Il declino dell'età nella tolleranza immunitaria potrebbe portare a questi autoanticorpi man mano che il corpo diventa meno efficiente nel distinguere tra sé e non sé.
Risultati sulla Salute Immunitaria Complessiva
Sebbene molti individui nello studio avessero sviluppato autoanticorpi neutralizzanti, altri aspetti della loro salute immunitaria rimanevano intatti. Ad esempio, i livelli di diverse cellule immunitarie non mostrano cambiamenti significativi dopo lo sviluppo degli autoanticorpi.
Conseguenze dello Sviluppo degli Autoanticorpi
La presenza di autoanticorpi neutralizzanti è stata collegata a un'espressione ridotta dei geni stimolati dagli interferoni (ISGs), marcatori importanti per la risposta immunitaria. Gli individui con questi autoanticorpi tendevano ad avere livelli più bassi di ISGs, suggerendo una risposta immunitaria innata compromessa.
Autoimmunità e Autoanticorpi Anti-IFN-I
Le condizioni autoimmuni possono aumentare la probabilità di sviluppare autoanticorpi anti-IFN-I. Le persone con problemi autoimmuni noti o una risposta positiva ai test per i marcatori autoimmuni mostrano una maggiore possibilità di produrre questi anticorpi.
Studi di Caso
Alcuni pazienti specifici nello studio hanno rivelato scenari interessanti, in particolare quelli che hanno sviluppato autoanticorpi dopo trattamenti medici complessi o infezioni severe. Un caso notevole coinvolgeva un paziente che sviluppò autoanticorpi neutralizzanti dopo aver ricevuto un trattamento con interferone per l'epatite C.
Resistenza al Trattamento
La maggior parte delle persone trattate con interferone non ha sviluppato autoanticorpi duraturi. L'incidenza sembrava correlarsi fortemente con la reattività autoimmunitaria preesistente, che era un risultato poco comune nella popolazione trattata più ampia.
La Necessità di una Diagnosi Precoce
Comprendere queste associazioni e meccanismi diventa cruciale per la diagnosi e la gestione precoce. I pazienti con condizioni autoimmuni note o storie di infezione precedenti potrebbero beneficiare del monitoraggio per questi autoanticorpi.
Implicazioni Più Ampie
Con l'invecchiamento della popolazione globale, i risultati di questa ricerca evidenziano l'importanza di identificare gli individui a maggior rischio di sviluppare autoanticorpi. Questa conoscenza potrebbe portare a migliori strategie preventive contro infezioni virali gravi negli anziani.
Conclusione
L'aumento degli autoanticorpi anti-IFN-I con l'età rappresenta una preoccupazione significativa per la risposta immunitaria negli adulti più anziani. Sebbene i fattori genetici giochino un ruolo, i fattori ambientali e le condizioni preesistenti sono importanti contributori a questo problema. La ricerca continua su queste relazioni aiuterà a sviluppare strategie per proteggere le popolazioni vulnerabili dalle infezioni gravi. Ulteriori studi sono necessari per esplorare le implicazioni complete degli autoanticorpi anti-IFN-I e i loro effetti a lungo termine sui risultati di salute.
Titolo: Longitudinal Analysis Over Decades Reveals the Development and Immune Implications of Type I Interferon Autoantibodies in an Aging Population
Estratto: Pre-existing autoantibodies (autoAbs) neutralizing type I interferons (IFN-Is: IFN, IFN{beta}, IFN{omega}) have recently been described as significant contributors to the severity of viral infectious diseases. Here, we explore the development and consequences of anti-IFN-I autoAbs at high-resolution using retrospective samples and data from 1876 well-treated individuals >65 years of age enrolled in the Swiss HIV Cohort Study, a nationwide, longitudinal cohort with up to 35 years of follow-up. Approximately 1.9% of individuals developed anti-IFN-I autoAbs, with a median onset age of [~]63 years (range 45-80). Once developed, anti-IFN-I autoAbs persisted for life, and generally increased in titer over years. Most individuals developed distinct neutralizing and non-neutralizing anti-IFN-I autoAb repertoires at discrete times that selectively targeted various combinations of IFN, IFN{beta}, and IFN{omega}. Longitudinal analyses further revealed that emergence of neutralizing anti-IFN autoAbs correlated with reduced IFN-stimulated gene (ISG) levels, indicating impairment of innate immunity. Patient data review suggested that prior recorded viral infections and autoimmune history influence the likelihood of mounting anti-IFN-I autoAbs. Indeed, systematic measurements in biobanked samples revealed significant enrichment of pre-existing autoreactivity against clinically relevant autoantigens in individuals who later developed anti-IFN-I autoAbs. In this context, we describe lifelong neutralizing anti-IFN autoAbs (and impaired innate immunity), that manifested in an individual following IFN therapy, and who was retrospectively found to have had pre-existing autoreactivity to {beta}2-glycoprotein-I before IFN treatment. Our decades-spanning longitudinal analyses illuminate the development and immune implications of anti-IFN-I autoAbs in an aging population, and support a two-hit hypothesis whereby loss of self-tolerance prior to immune-triggering with endogenous or exogenous IFN-I may pose a risk for developing late-onset, lifelong IFN-I functional deficiency.
Autori: Benjamin G. Hale, S. Fernbach, N. K. Mair, I. A. Abela, K. Groen, R. Kuratli, M. Lork, C. W. Thorball, E. Bernasconi, P. Filippidis, K. Leuzinger, J. Notter, A. Rauch, H. H. Hirsch, M. Huber, H. F. Günthard, J. Fellay, R. D. Kouyos, The Swiss HIV Cohort Study
Ultimo aggiornamento: 2024-03-06 00:00:00
Lingua: English
URL di origine: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2024.02.27.24303363
Fonte PDF: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2024.02.27.24303363.full.pdf
Licenza: https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/
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